Un ordinario, friulano stupore di pace.
Arcadio Pisano celebra la bellezza di Gorizia e del Friuli come testimonianza della regalità di Cristo. Inno lirico e riformato alla creazione e al Redentore.
COMMENTI CULTURALI
Arcadio Pisano
11/18/20259 min read


Cultura e paesaggio in mundo Regis.
…È con gli occhi che vediamo il mondo, è con i piedi che camminiamo sulla terra ed è con le mani che maneggiamo e tocchiamo le opere di Dio, le quali sono talmente variegate che non riusciremmo a contarle. … godiamo di così tanti beni, ma c’è una tale infinità di potenza, bontà e sapienza divine in queste cose… la quale sommerge tutti i nostri sensi.1
Il carso olezzante e i roridi sentieri vitiferi, le risorgive auliche e i ricami edilizi di lunghe epoche tergestine, i veneziani scintillii degli udinesi testi e le maestose classicità da un respiro ecfrasico all'altro, tra acquea levità e terrestre tenerezza, dal pordenonese alla bisiacaria, dal carnico polmone al palato del collio, nei giuliani volteggi di leggiadro nitore, tra folte selve e verzieri fiorenti, sorpresi da roccia e sale. La fertile carezza di arcadiche acque, i mosaicati ritmi e le lapidee gemme, la pregnanza di fragranze e moti fabbrili, il gelato alla lavanda e la terra come insito rigoglio di sorrisi intenti e concrete risonanze tra aurora e occiduo stupore, dalla benignità inarrestabile di Cristo che domina e campisce esistenze, raccolti, progetti, sfere, storie, comunità ed eredità. È tutto un fruscio di foglie incantate e schiette, di delizie capillari di frescura, pietre abbaglianti e narrazioni tesserate, il mio friulano percorrere i suoli di letizia, in lode del Redentore del mondo. Il corredo di diletti del Friuli umano, artistico, storico, monumentale, lacustre, marino e fluviale, alpestre e prativo, sassoso e tenue, nei pianori vellutati e nelle boschive densità d'ombra e tinte cangianti, si riafferma discreto, raggiante e quieto, sobrio eppure agiato nelle fertilità ricevute e tutelate.
Il paesaggio per Benedetto Croce (1866-1952) è "il volto amato della patria". Terra, luoghi, spazi del creato e patrimonio (deposito, eredità, memoria, giacimento, legato) storico-artistico e culturale sono inestricabilmente interconnessi. Nell'Ottocento il paesaggio era natura creata, cultura e arte insieme, come si evince dalla produzione pittorica italiana di tale secolo. Il retaggio storico-artistico, architettonico e paesaggistico italiano è il più cospicuo al mondo. La teca di memorie, composizioni, ideazioni ed espressioni creaturali di talento, creatività e feracità di ogni produzione culturale, fa dell'Italia scrigno ed emblema della provvidenza fertilissima e graziosa del Dio vivente e trino. Nell'intelaiatura vasta di tali eventi ed elaborazioni, dove più folta è la friulana tessitura cinquecentesca, s’infiltrano rilucenti figure di fedeli araldi del Vangelo onnipervasivo del regno, audaci nella verità, annunciatori della grazia e della sovranità di Cristo sui secoli, come Pier Paolo Vergerio, Baldo Lupetino e suo nipote Mattia Flacio Illirico, Pietro Bonomo, vescovo di Trieste che aprì alla predicazione riformata, ivi ospitando il Vergerio, Giulio da Milano e il riformatore sloveno Primož Trubar.
Ho rivisitato, in queste ore giuliane, anche una città poco apprezzata dagli italiani stessi e spesso sottostimata per il suo deposito di beni storici. Il paesaggio intero, che è bene totale e diffuso è una testimonianza della regalità plenaria di Cristo sulla realtà intera, su ogni fatto nella verità e sui processi relazionali delle comunità umane, sub Rege sempre (Salmi 19; 45; 92-110). Anche Gorizia, dunque, un centro amabilissimo per decoro, ordine, cura dei luoghi e vivibilità relazionata, rappresenta il meglio di un'immensa magione di tesori "a strati" che è il paese più bello del mondo (viaggiando lo si ammette, ma è consigliabile anche studiare seriamente per poterlo comprendere...): ambiente, parchi, fiumi, tracciato urbano, gioielli architettonici o contenitori edilizi, musei col contenuto conservato, monumenti disseminati, percorsi e sentieri, popolazione e costumi, retaggio, innovazione e stratificazione del sapere enogastronomico, cultura del buono e dell'autentico (nel senso di lavorare, preservare, trasmettere e condividere ciò che Dio ha provveduto nella sua sovrana bontà). Parimenti le tracce vivide dell'eredità dei padri e dei loro sacrifici in guerra, nel lavoro, nel colĕre la terra (coltivare, curare e raccogliere), nella tutela del nucleo familiare, rendono ciò che è aggraziato e pregiato, una prerogativa "ordinaria" nel mondo reale dell'autentica bellezza estesa dell'italiano eden, per i favori e l'abbondanza del Re Gesù (altro che le perversioni abbrutenti di rivoltosi transeunti, travestiti da terrifici pagliacci femminei a insidiare i più piccoli...). Certo, si manifesta il peccato che è ribellione di sudditi bisognosi di ciò che essi odiano e che è la pace col Re della vera vita, eterna e già qui incarnata (altro che gnosticismi opportunistici e compromessi devitalizzanti). Cristo, tuttavia, ha stabilito il suo regno (Ap.11:17-18), disciplina i popoli, li sferza e li disseta, assoggettandoli al bene e alla verità, incrementalmente: sarà sempre più attestata la sua gloria in ogni fibra del reale, da Lui intessuto con superna e fondativa originalità "artistica", da cui tutto deriva ed è rappresentabile per imitazione relazionata (cioè tra creatura dipendente contingente e Creatore indipendente necessario), definito pertanto per il bene e il suo irrefragabile imperio (Rom.11:33-36; Col.1:13-20).
Nelle foto di odeporica tranquillità che mi regalo, trasuda la pulizia garbata della godibile Gorizia, centro frontaliero colmo di addensamenti e interazioni tra generazioni varie e di popoli prossimi (austriaci, slavi, ungheresi, tedeschi), sempre attenti a orientare lo sguardo al testo e al sottotesto della realtà della Persona di Cristo, pur in presenza delle infezioni e delle concrezioni idolatriche che nei secoli il cristianesimo ha conosciuto, dalle gerarchizzazioni sacerdotaliste al papato ottundente, dalla devozione deviata alla religiosità delle opere e del culto alla creatura. La mostra di cui ho goduto, Il Tesoro dell'Arcidiocesi di Gorizia (con acquisizioni dal patrimonio del Patriarcato di Aquileia), presso la seicentesca costruzione monastica di Santa Chiara, ristrutturata con ossequiosa finezza e accortezza sapiente, è stata strumento dal Signore, per gentilmente interagire coi curatori cortesi e alacri. Ho avuto un breve e cordiale confronto, proclamando la signoria di Cristo, risorto, asceso e già regnante sul mondo, ponendo in krísis l'intrinseca e fatale antinomia di una cattolicità che slega l'uomo dal suo Creatore e Salvatore, per abbassarlo a un culto di mediazioni e abusi, in contrasto proprio con la Parola regale a cui tanto rinviano le opere e i testi riportati nelle cesellate didascalie. Come nobili ricorsività che si trasmettono dati e voci vicendevolmente, la selezione delle lavorazioni presentate in mostra ricalca una vicenda complessa e lunga, dall'alto medioevo alla fase veneziana del Patriarcato aquileiese (1420-1751), con elaborati manufatti e ricercati apparati da cui provengono, per l'occasione espositiva, xilografie minuziose (su tavole anche di A.Altdorfer che fu cristiano prossimo alla fede riformata), dipinti, stampe, argenti sbalzati e incisi, paramenti decorati e revisionati da mani muliebri virtuose (le suore orsoline), abili anche nella raffinata tecnica di intrecci e frange della passamaneria applicata agli abiti religiosi (con un linguaggio che indica echi e corrispondenze eleganti, dalla classicità a sentori rinascimentali e barocchi), reperti lapidei di attestati in epigrafe di fede biblica che ha salvato credenti remoti (come il giovane africano Restutus, ‘riabilitato’ o ‘ricreato’), fino ai codici liturgici (antifonario e tropario miniati) intrisi della Parola rivelata trinitaria, strumenti di scambievolezze e articolazioni visibili di segno, suono, figura, colore, significato, contatto e conoscenza, come provveduto dal Dio della sapienza, del linguaggio, delle arti e della redenzione (Salmi 19; 33; 119). …Gloria aeterno REGI, decantemus…
“...in questa vittoria della croce c'è il riscatto dei popoli, la salvezza delle città, la libertà delle province, la sicurezza del mondo intero”. Cromazio di Aquileia, 388ca.-408ca. (Sermoni 19).
In fondo, quel che in Italia vediamo ovunque è una bellezza costruttiva e armoniosa che pervade spazi nazionali e un po’ tutti i "continenti culturali", per influenza e matrice didattiche, ma anche per aver riassimilato e riadornato apporti forestieri già istruiti alle italiche lezioni, con un accumulo di ricchezze artistiche senza eguali. Ciò che rileva, però, è che ovunque campeggia alta e inequivocabile la croce del Re del mondo (e delle bellezze dell'Unesco...), Cristo Gesù. L'Italia ha ovunque tracce fulgide del racconto iconografico della regalità del Cristo Pantokrátōr, risorto e troneggiante sulla storia, dai seminali sfolgorii paleocristiani agli incontabili edifici e monumenti ecclesiastici che narrano i fatti delle Scritture del Dio vero e trino: dalla creazione all'alleanza e alla venuta del Figlio Re onnipotente, Legislatore, Redentore, Giudice e Restauratore sovrano dell'universo. Tali colossali edifici gradualmente, al tempo stabilito da Dio che userà chiese fedeli e rideste, saranno riconsegnati alla giusta didattica redentiva (Ef.5), “rivisitati” da una biblica riappropriazione della comprensione della verità del Vangelo del regno, già ora ovunque diffuso (Isaia 2; 9; 42; Col.1-2; Ap.21-22). La bellezza vera non è del cattolicesimo incancrenito dal sacramentalismo romano, né potrà essere spiegata e lumeggiata da chiese ametropi, in fuga dal mondo o che ancora adorano un Israele giudicato una volta per sempre nel 70 d.C. (Dan.9; Mt.21-28; Ap.1-3). Si inchini il mondo al suo Re e si abbia il coraggio di Paolo, di Atanasio, dei martiri medievali, dei riformatori e dei puritani, nell'annunciare e mostrare ovunque che Cristo è la sapienza e la giustizia perfetta di Dio. Educazione e istruzione risanate in verità (Gv.17; Efes.4-6) rimangono prioritarie, anche per meglio focalizzare le dinamiche e le congiunture della storia dell'arte che è patrimonio di e da Dio concesso. L'Italia quindi è il maggior scrigno di tesori, dal paesaggio (come ecosistema variegato) all'arte e ai giacimenti storico-culturali, ma se non ripartiamo dall'educazione nella verità e dalle basi dell'ordine strutturato cristiano (le sfere sotto il Re, di cui parlava A.Kuyper), gli evangelici in Italia rimarranno un movimento gnostico e narcisistico sterilizzato, pavido e ludicizzato nella visione trasformativa del Vangelo del regno, settario e inconcludente nella riconquista teonomica della società (Sl.1-2), in antagonismo permanente e infantilizzato col monstrum ossessionante del cattolicesimo romano collabente...
Viaggiare, osservare, camminare anche a lungo (in modalità lirico-meditativa, escursionistico-esplorativa o atletico-marziale con marcia fardellata...), è acquisire segni e tracce viventi, raccogliendo reperti già ubertosi e pronti alla ripresa di una lieta focale, approcciando e rimirando il mondo che deve tutto a Cristo, il sovrano Bello: è per la sua luce che vediamo la luce e ne godiamo, operando nel suo tempo, percorrendo i giorni del suo regno, coi nuovi cieli e la nuova terra già varati, assimilando lezioni e correzioni vivificanti, esprimendo creatività dolenti e stupefacenti, giubilo intimo ed esternato. Come abbiamo saggiato e appreso, da Michelangelo con mani e cuore sul suo marmo ai sacrifici di un padre radioso di zelo e indefesso di premura, dal Merisi erratico e stracco di paure all'inesausta mamma dedita ai piani ricettivi e assistenziali della prole. Per sola grazia, nella malattia precedente la luce del ristoro di Cristo, il mio incomparabile e fedele papà rammentava che solo il Signore è grande. Anche nelle ferite che Lui fascia, Lui solo ci imbeve del bene, come coi miei genitori ricordavo nei più preziosi anni della lotta in malattia e per la resa di eterna grazia a Cristo, che ci ha reso uno in Lui per sempre, pensandoci e amandoci in un'integrità familiare di pattizio riscatto (Ef.2), per cui mai si estinguerà la nostra lode grata al Re.
La lista Unesco sui beni storico-artistici, architettonici e naturali è sovente falsata da approssimazioni, ritardi e ostacoli burocratico-governativi, tali da sottrarre ancora, all'Italia, una quantità esponenziale di beni al riconoscimento ufficiale: l'Italia non ne ha bisogno, in fondo. Gesù Cristo ne è il proprietario che la restaura e la riorienterà a vedere sempre più accresciuta venustà, nei suoi decreti sfolgoranti, nell'adorazione veritiera già propagatasi ovunque, secondo il suo perfetto magistero (Is.42:1-10). Rimaniamo il paese con più siti Unesco riconosciuti, ma già quei 61 tesori sono fuori scala e misura. Si pensi ai topoi e ai "volumi" doviziosi delle città d'arte italiane o ai siti seriali estesi. Ognuno da solo varrebbe dai cinque ai dieci luoghi iscrivibili al patrimonio totale: il paese-museo che è l'Italia potrebbe averne già il triplo non riconosciuto ancora... Un rigoglio di abilità e responsabilità, tra idoli interiori e pervicaci alterazioni, ma il Figlio sovrano ci nutre e ci riprende. La sua mirabile cura rende zampillanti di speranza, vita e vittoria i disseccati lidi di bieche ideologie e venefici raggiri. Gli attraversamenti, le pervasioni, le reciprocità, le interdipendenze e le peculiarità di idee, rapporti e rimandi, sono densi ed esaustivi in tale raccolto e aureo hortus italico, in mundo Dei. Dalle intersezioni figurative ed espressive delle arti agli eventi focali di pretto ardimento nella fede, per amore di Cristo. Si pensi alla vicenda dei martiri di inizio IV sec. d.C., Canzio, Canziano e Canzianilla nel fertile territorio isontino, poco prima che l'imperatore sottoposto Costantino (1 Cor.15), fosse dal Signore ricondotto a riconoscersi suo diacono amministratore, consentendo che la Parola trinitaria non fosse più ritenuta una scelta neutrale o insignificante o addirittura da sopprimere tirannicamente.
Riporto, tra le foto, una via alberata di Gorizia che ogni giorno cittadini e turisti percorrono, con una quinta scenica caratterizzata da statue classiche, balaustre e logge pergolate del magnifico parco di Villa Coronini Cronberg, tra i più floridi dei siti "giardino" mai allestiti, insieme col Parco Viatori, variopinto di roseti e azalee. Accanto alle sinuose vividezze isontine, dove si fondono ungarettiani struggimenti e un gioioso andamento di pace su ogni prospera sponda, fino all’adriatico connubio. Il rigoglio di terra, creatività e compostezza, in un giorno ordinario di grazia trinitaria. Al Museo di Santa Chiara, per la predetta mostra, ho potuto ringraziare i curatori, rammentando loro che solo la Parola di Dio ci comunica il senso vero della vita e della redenzione: Cristo risorto e regnante. Siamo creati per imparare e adorare Dio in verità. Anche l'arte sia veicolo di vera adorazione, tra riconquiste, riassestamenti, risvegli e incremento del dominio del Re venuto, la cui attuale e onnipervasiva regalità non avrà mai fine.
Non c'è nessuno pari a te fra gli dèi, o Signore, e non ci sono opere pari alle tue.
Tutte le nazioni che hai fatte verranno a prostrarsi davanti a te, Signore, e glorificheranno il tuo nome.
Poiché tu sei grande e operi meraviglie; tu solo sei Dio.
O SIGNORE, insegnami la tua via; io camminerò nella tua verità; unisci il mio cuore al timor del tuo nome.
Salmo 86:8-11
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1 - G. Calvino, Commentario su Genesi, Caltanissetta, Alfa e Omega, 2008, p.41 (tradotto dall'edizione Genève, Labor et Fides, 1961); orig. Genève, R. Estienne, 1554, CO,23:1-622.
















Scritto da Arcadio Pisano | cristiano biblico trinitario, insegnante di italiano per stranieri L2-LS
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